Il trauma è tutto ciò che è troppo, troppo forte, troppo veloce per il nostro sistema nervoso. Un accadimento che viene vissuto come ‘fuori dalla nostra portata’, ovvero ingestibile, per cui perdiamo il controllo della situazione, ci sentiamo spaventati e impotenti.
Il trauma è un evento straordinario delle nostre vite, non perché accada raramente, ma perché mette fuori uso la nostra capacità di reagire all’evento, che viene sentito come minaccioso per la nostra sopravvivenza. Per questo, dice Peter Levine, il trauma è nel sistema nervoso e non nell’evento, perché il trauma, salvo eventi largamente riconosciuti come traumatici, ha una sua natura ‘soggettiva’, personale, determinata dal vissuto sperimentato durante l’evento. Se ci siamo sentiti sopraffatti, spaventati e impossibilitati a controllare la situazione, anche un evento molto piccolo, come una caduta, può essere fonte di trauma. Il trauma, allora, non è tanto quello che ci accade, ma risiede nella risposta biologica incompleta ad un vissuto percepito come minaccioso per la nostra vita. In questo senso, non è azzardato affermare che la maggior parte delle persone ha subito dei traumi.
L’attivazione della parte più antica del nostro cervello prende il sopravvento e il nostro cervello razionale si spegne parzialmente. Prima di essere consapevoli della situazione, il nostro corpo è già pronto alla difesa, l’amigdala si attiva, dando il via, come afferma Van der Kolk, ad “una cascata di ormoni dello stress e di impulsi nervosi che innalzano la pressione sanguigna, il battito cardiaco e l’immissione d’ossigeno, preparando il corpo all’attacco/fuga”. Vengono attivate reazioni muscolari e fisiologiche automatiche messe in moto senza alcun pensiero o pianificazione della neocorteccia. L’elaborazione neocorticale richiederebbe troppo tempo, la risposta alla minaccia deve essere il più rapida possibile per essere il più efficace possibile, garantendo la nostra sopravvivenza. In condizioni normali, cessata la minaccia, gli ormoni si dissipano e il corpo ritorna alla normalità, ma nel momento in cui ci rendiamo conto di non poter fuggire o lottare interviene la risposta di congelamento, definita in etologia come ‘immobilità tonica’. Si tratta di una risposta difensiva estrema, in grado comunque di risultare efficace se fa desistere il nostro persecutore dall’aggredirci, picchiarci o peggio ucciderci!
Nella modalità del congelamento le energie mobilitate dal corpo per le risposte di attacco/fuga non vengono però scaricate negli atti difensivi attivi conseguenti e si ha l’irrigidimento dei muscoli con la finalità di resistere all’attacco, mentre restiamo paralizzati dalla paura. I nostri muscoli arrivano a collassare nel momento in cui ci accorgiamo che la fine è imminente.
Se dopo un attacco di questo tipo, le circostanze ci permettono di ‘scrollarci di dosso’ quanto è accaduto, trovando aiuto, soccorso o rifugio, il corpo e il sistema nervoso sono ancora in grado di ritrovare il loro equilibrio omeostatico e possiamo ancora superare l’accaduto senza restare traumatizzati. Ma, se siamo messi di fronte a circostanze esterne estreme che accadono ripetutamente, e se queste circostanze accadono durante la nostra infanzia o adolescenza, si instaurerà un senso di impotenza e dice Levine: “un senso di sconfitta e di perdita della volontà di vivere che costituisce il vero e proprio nucleo profondo del trauma”.
E’ qui che il trauma si verifica, quando fortemente impauriti e pronti a fuggire o lottare, ci viene impedito di muoverci o percepiamo di essere in trappola e ci congeliamo nella paralisi o sprofondiamo in uno stato di impotenza schiacciante. In questa condizione, il cervello continua a secernere gli ormoni dello stress che ci mettono molto tempo a ritornare sotto controllo e aumentano nuovamente in risposta a stimoli o a situazioni frustranti anche di minima entità.
Le persone traumatizzate vivono al tempo stesso:
che scaturiscono come risposta cronica al vissuto traumatico.
In seguito al trauma, il sistema nervoso si disorganizza e determina dei cambiamenti neurofisiologici nel nostro cervello in cui si perdono la naturale capacità di autoregolazione del sistema nervoso, che può trovarsi in uno stato di iper e/o ipoattivazione, insieme alla capacità di orientarsi e di essere nel presente. E soprattutto, perdiamo la fiducia in noi stessi e il nostro senso di autoefficacia, quale capacità di affrontare attività e situazioni della vita.
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Somatic Experiencing® è un marchio registrato di Peter Levine – PhD, non sostituisce in alcun modo diagnosi e cura formulate dal medico. Si raccomanda sempre di chiedere il parere del medico curante e dello specialista.
Il mio approccio nel counseling è molto eclettico. Mi piace cogliere le similitudini che esistono nelle diverse metodologie ed armonizzarle in sintesi nuove. La mia formazione affonda le sue radici nel counseling rogersiano, nella teoria dei sistemi, nella pragmatica della comunicazione, nelle tecniche olistico-energetiche e nelle tecniche corporee fino all’approccio di connessione corpo-mente derivato dalla mia formazione in Somatic Experiencing®.
Nel counseling possono essere affrontati momenti di transizione di particolare difficoltà o stress in un percorso che permette di accedere a nuove risorse utili al cambiamento.
Il counseling si costruisce intorno alla persona e può essere:
Sono Counselor Supervisore iscritta al n.71/2006 dell’Associazione Nazionale Counselor Relazionali (A.N.Co.Re.)